Ri-presa





Avevo dimenticato questo spazio, nato nella noia domenicale di un gennaio veramente remoto, presto abbandonato per scarsa volontà e notevole disaffezione al lavoro culturale.

L'inverno 2020-2021 fu più duro, almeno a mia memoria, del "primo lockdown": il coprifuoco, le limitazioni dei locali, le mitologiche zone rosse, arancioni e gialle, i divieti di movimento inter-comunali, e varie altre minchionerie che abbiamo rimosso per mero spirito di sopravvivenza.

Non avevamo visto ancora il dramma del green-pass, nonostante fosse nell'aria un'ulteriore stretta totalitaria. La bellezza drammatica della Storia sta nel poter guardare con il senno del poi alla quotidianità minima del prima. A gennaio del 2021 tantissime cose erano ancora al di là da venire, nella vita d'Italia come nella mia modesta esperienza personale.

Uno spazio individuale è per forza di cose una sintesi tra il piano della realtà sociale e quello, più nascosto e meno interessante per gli altri, di quella individuale. Eppure le due si compenetrano confondendosi, determinando in maniera inestricabile l'una e l'altra.

Al tempo d'avvio di queste colonne virtuali progettavo una vita insieme a una persona al cui confronto Badoglio emerge come sintesi cristallina di umanità e coerenza morale. Riprendere un percorso di riflessione culturale fa parte- concedetemi il rigurgito di egotismo- di un processo individuale ben più ampio, di cui è emersa traccia nei miei deliri estivi su X (ex Twitter): ringrazio sinceramente chi ha avuto la voglia e la delicatezza di concedermi un tocco di umana comprensione, non lo dimenticherò mai.

Tornando a Otium, il progetto semplicemente non ha meta né programma: vuole essere un che di più ampio e organico alle scorribande senza senso di X, dove purtroppo tante cose rimangono sospese e dimenticate per brevità di caratteri. 

Oggi riapro queste righe recuperando una breve mail inviata a Mister Totalitarismo, indimenticato intellettuale di riferimento di una certa area, caduto su X e ancora attivo sul blog personale, a cui rinvio per utilissimi approfondimenti. 

Credo che sia necessario oggigiorno avere la serenità di definire ciò che avviene con le parole necessarie, senza paura di incappare nei meccanismi di censura imposti e auto-imposti dal senso comune dei vincitori del 1945. La questione maschile s'è così imposta, a chi ha occhi per vedere, come logico pendant della più generale problematica demografica, di cui il dramma immigratorio costituisce il riflesso più immediato e sconvolgente. 

Consci che "il numero è potenza", crediamo che la riflessione intellettuale sulla demografia italiana debba essere IL centro di ogni dibattito culturale- ammesso che cultura e intellettualità abbiano ancora senso (no, non ne hanno) in un Paese fallito come l'Italia- poiché questa è l'ultima spiaggia di tremila anni di Storia. Superati gli ultimi nati del Novecento, infatti, la stirpe è semplicemente finita: non sarà l'economia- specchietto per le allodole- e benché meno la politica- sozzo bazaar di mercanti volgari- a salvare ciò che viene quotidianamente meno, ossia la volontà di vivere dell'Italia profonda.

Da quasi dieci anni abbiamo contezza della "scena" culturale alternativa, propagata su internet e reificatasi in centinaia di incontri, convegni e interminabili sermoni parolai. Siamo ormai consapevoli che non si fugge alla macchina: vogliamo solo testimoniare che non tutti hanno accettato passivamente di vedere morire gli indegni eredi di chi doveva per volontà del Fato "Parcere subiectis et debellare superbos". 


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Caro Mister, 


mi permetto di tediarti tramite mail. 

Ho letto la tua ottima traduzione dell'articolo dei camerati d'Oltralpe, frutto di una situazione che tra 10-15 anni sarà piena realtà anche in Italia, posto che lande desolate quale la Padania non siano già in quel triste scenario.

Leggendo non potevo però non pensare che la lucidità di questi unhappy few, una minoranza che non credo raggiunga mai cifre superiori a qualche decina di migliaia (a livello di consapevolezza attiva) in paesi come Italia o Francia, rappresenti oggi quello che mutatis mutandis erano i reduci della grande guerra all'alba del Fascismo.

Di fronte a una marea montante di idiozia, a una svalutazione totale della propria identità- plasmata nel sangue e nel sacrificio del fronte, certo non una passeggiata- costretti a vivere in un Paese rinunciatario e in mano a vili affaristi massoni, con prospettive deprimenti e un grande passato dietro le spalle, avevano capito che non era più tempo di parole e di rassegnazione.

Trovarono un Capo, servirono un'Idea, e volentieri s'offrirono di combattere e morire: cos'era lo squadrismo se non in fondo un trucco per evitare il nostro sanguinare? Un classico modo maschile di ridere della noia e della sicurezza borghese per conoscere l'ignoto, solleticare la vita e godere di ogni momento?

Certo, il discrimine fondamentale sta tutto in un problema esiziale: la violenza. E non volendo incappare in problemi di qualsiasi tipo, qui mi taccio.

Un mucho-texto, il mio, per dire in fondo che la consapevolezza è sempre stata patrimonio di pochi, di élite, annegate in un mare di ignavi e simp: perché il numero è nemico della qualità, e la massa è donna per definizione: va con il maschio che vince. Oggi stanno vincendo loro, i vitaminici notai e avvocati del Congo belga. Non è un caso che determinati cortei femminili vadano a Lampedusa e non dai disoccupati, così come le donne evitavano i fascisti repubblicani a Salò dopo aver corso per vent'anni appresso alle divise di ogni foggia e colore.

Non condivido però la lettura per cui le donne vogliano un uomo-decisore in casa, o forse non alle soglie dei trent'anni: i miasmi del femminismo sono stati così interiorizzati per cui anche in un ambiente estremamente periferico quale il Mezzogiorno in certi ambienti "emancipati"- donne laureate, figlie uniche, ancora mantenute dopo i 25 anni con famiglie distratte e distrutte- la donna vuole sempre l'ultima parola, rifuggendo beninteso da ogni responsabilità e impegno materiale.

Due generazioni fa mio nonno poteva tranquillamente avere una vita familiare serena e N distrazioni da alcova, note e accettate da sua moglie "perché è un uomo", in una realtà comodissima per un maschio quale la Sicilia, dove u masculu era letteralmente il re della casa (non serve leggere Brancati per capirlo). 

Parlo ovviamente per la mia esperienza con una poveretta. Ma all'amico francese farei presente ben volentieri il mio esempio, dove come già sai non mancava veramente nulla di materiale e di attenzioni:  sono dinamiche che nel mentre sono estremamente difficili da gestire, soprattutto se consideriamo le nevrosi latenti nell'inconscio collettivo di un popolo quale quello terun, che in tre generazioni- da mia nonna classe 1934 a me classe 1994- è passato dalla società pre-industriale a quella post, dalla miseria contadina alla povertà terziaria, senza nemmeno rendersene conto.

Non credo quindi che la soluzione esista. Rotoliamo nel caos, tentando in qualche modo di difendere il difendibile, ma il piano pubblico-sociale mi pare ormai del tutto compromesso. 

Mi auguro e spero di non averti annoiato, nel caso mi scuso umilmente.

Andrea Romani

Lo spunto vuole seguire questa traccia: esiste una condizione comune a tanti uomini italiani, cioè la estrema difficoltà a creare qualcosa di stabile con le donne perché esse sono diventate le alfieri del nichilismo terminale. Ciò determina frustrazione e cattiva coscienza. La società è contro ogni necessità di questa massa indistinta di infelici, denigrati come falliti e ridotti a escrescenze fastidiose. Lo Stato se ne disinteressa bellamente.

Nel 1919 l'Italia rinunciataria diede il bentornato ai Reduci delle trincee a colpi di sputi, bastonate e offese: gli imboscati venivano eletti in Parlamento mentre si offendeva la Vittoria e lo sforzo colossale di milioni di combattenti. Cosa avvenne? Che si disse basta, che si offrì un Mito e un Capo alla gran parte di quella massa, temprata e affilata. Erano in minoranza, e divennero una Rivoluzione.

Esistono dei parallelismi, per quanto la Storia rifugga da facili esemplificazioni? Quale eredità di idee e di esperienze si possono trarre? 

La parola a Voi, gentili lettori.




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