Il diritto di essere uomini

Ho trovato una lunga disamina del grande Lelio Basso che volevo evidenziare, in quanto mostra ancora una volta come lo spirito profondo del capitalismo italiano sia sempre stato bestialmente intessuto di dominio e oppressione animalesca. 






    Io credo che l'Italia si trova da moltissimi anni nell'anticamera della democrazia, ma non riesce mai a passare dall'anticamera della democrazia alla democrazia, perchè trova sempre la resistenza feroce, ostinata e ottusa delle classi dominanti. E se risaliamo agli inizi del secolo, verso la fine del secolo scorso - e, badate, la cosa è importante, per me va sottolineata, anche per non commettere errori politici oggi - questa reazione ottusa delle classi dominanti che vuole sbarrare il passaggio dall'anticamera della democrazia alla democrazia, si presenta sempre in forme diverse e noi non dovremmo mai commettere l'errore che forse può essere perdonato allo storico professionale, perchè lo storico fa la storia del passato, ma non può essere mai perdonato al politico di guardare il presente con gli occhi del passato, perchè se noi ci aspettiamo la reazione del tipo delle precedenti reazioni, noi ce ne vedremo arrivare un'altra diversa che non ci saremmo aspettati. La reazione entrerà da un'altra porta non da quella da cui l'aspettiamo. E' un po' quello che è successo ai generali francesi. Mi scuso con i generali italiani, non sono accusati di questo, ma i francesi sono accusati di essere sempre ferratissimi sulla guerra precedente, di studiarla scientificamente in tutti i particolari, in tutti i dettagli e di perdere regolarmente tutte le guerre perché sanno tutto di quella passata. Studiarono le guerre napoleoniche e si trovarono contro, nel 1870-71, l'esercito prussiano, la strategia di Moltke e furono battuti in poche settimane. Allora, studiarono la strategia di Moltke, la guerra del 1870 e si prepararono alla guerra del '14 con l'esperienza di quella precedente e se non c'erano gli inglesi prima e poi gli americani perdevano anche quella. Sì, i tedeschi arrivarono fin sotto Parigi, in poche settimane anche questa volta perché i generali francesi sapevano tutto della precedente guerra e niente della prossima. Si preparavano alla seconda guerra mondiale con l'esperienza della prima e fecero la linea Maginot, tutta una serie di difese. Il generale Gamelin credo che avrebbe saputo descrivere alla perfezione, ma ultra scientificamente tutta la strategia della guerra del '14, e perdette in un battibaleno la seconda guerra mondiale.

Ecco, non vorrei che quello che è accaduto ai generali francesi potesse accadere ai democratici italiani: di sapere tutto sul fascismo o sulle altre reazioni precedenti, senza rendersi conto - è questo il punto che volevo sottolineare - che anche la reazione, come le guerre si aggiornano, ha degli strumenti nuovi, ha delle forme nuove e che se ci prepariamo ad affrontarla come si presenta, corriamo il rischio di vedercela arrivare da un'altra parte.

Allora, ecco, rapidissimamente: alla fine del secolo scorso abbiamo una reazione umbertina, stati d'assedio, scioglimento delle camere del lavoro, domicilio coatto, leggi eccezionali, la reazione classica, direi la reazione classica del 1800. Questa reazione viene vinta, c'è una forte resistenza socialista, popolare, è il periodo in cui il partito socialista italiano, essendosi messo all'avanguardia della lotta contro la reazione crispina, raccoglie tutte le migliori intelligenze italiane; è il periodo in cui uomini come Benedetto Croce, che poi sarà tutt'altro che un socialista, come Luigi Einaudi, che poi sarà tutt'altro che un socialista, però scrivono sulla critica sociale di Turati; Vilfredo Pareto, che sarà un reazionario di sette cotte, in quel periodo partecipa a questa battaglia, cioè attorno al partito socialista si raccoglie tutta l'intelligenza italiana. Uno scrittore che può piacere o non piacere, ma che allora andava per la maggiore, De Amicis, si iscrive sotto le bandiere socialiste; persino D'Annunzio, ad un certo momento, alla Camera passa dall'estrema destra, dove era seduto, all'estrema sinistra pronunciando la famosa frase «vado verso la vita». Ecco, cioè, siamo in un periodo in cui c'è questa tendenza ed è l'epoca eroica in cui Prampolini rompe le urne alla Camera. E a questo punto si inserisce abilmente un ministro liberale, ma di idee abbastanza larghe, illuminate come Giolitti e si inizia, col '900, un periodo nuovo, cessa la vecchia reazione dopo lo sciopero generale di Genova del '900, il ministero Salandra è rovesciato, si apre il periodo Zanardelli-Giolitti, che è un periodo di abbastanza notevoli passi avanti verso la democrazia. Sono periodi di grandi conquiste: si conquista il diritto di sciopero, il diritto di associazione sindacale, si conquistano alcuni diritti fondamentali, le classi operaia e contadina, soprattutto, che era stata sempre messa ai margini della vita sociale e politica, cominciano a intervenire nella vita politica, per lo meno al nord. Giolitti userà sempre l'arma di mantenere, viceversa, in condizioni miserabili il sud, per avere dal sud i famosi ascari che gli servivano per fare le maggioranze. Un periodo eroico in cui noi vediamo un fenomeno che io considero il più importante del movimento operaio, molto più delle conquiste salariali, molto più di ogni altra cosa: la conquista della dignità umana da parte dei lavoratori. E' il periodo delle grandi lotte agrarie, nell'Emilia soprattutto, dei grandi scioperi di Molinella, della tessitura di una rete di cooperative dei contadini che fanno dei contadini i protagonisti della storia sociale del loro paese; è il periodo, cioè, in cui, praticamente, il bracciantato emiliano rifiuta la sorte dei braccianti calabresi, pugliesi, siciliani, cioè l'emigrazione, pretende di rimanere sulla sua terra e pretende di conquistare nella sua terra il diritto di vita e lo conquista attraverso scioperi, conflitti, sangue che sparge, ma scrivendo una delle pagine più belle della storia recente d'Italia.


A questo punto il partito socialista pone, su pressione di Salvemini, all'ordine del giorno la conquista del suffragio universale, perché si rende conto che attraverso il suffragio universale si fanno partecipare alla forma forse più elementare di vita politica, che è quella di deporre una scheda nell'urna, si fanno partecipare anche i contadini meridionali e che da quel primo passo potrà venire forse anche nel mezzogiorno il grande risveglio che c'è stato fra i contadini del nord.

Giolitti concede il suffragio quasi universale nel 1912 per le elezioni del 1913, ma, ecco, intervenire una seconda forma reazionaria, il famoso patto Gentiloni (credo che fosse marchigiano il conte Gentiloni. Purtroppo le Marche non hanno dato solo un contributo alla lotta democratica, hanno dato anche un contributo alla reazione). L'accordo Giolitti-Gentiloni è una forma di reazione, cioè Giolitti dà il suffragio universale, ma si allea con i clericali, perchè il voto dei contadini clericali serva di barriera alla reazione. Un suffragio universale, voi sapete, come tante altre cose, forse tutto quello che è nella storia, per lo meno in questa società che è abbastanza contraddittoria, è sempre contraddittorio: può essere una grande conquista democratica e può essere una grande arma reazionaria. Voi sapete che i due governi forse più reazionari dell'Europa del secolo scorso erano i soli che avevano il suffragio universale: la Germania di Bismarck e la Francia di Napoleone III. Quando l'Inghilterra non l'aveva, quando nessun altro paese l'aveva, era nei due regimi più reazionari, perchè adoperavano i contadini come strumenti di reazione. Paesi dell'America latina che hanno conservato le strutture più arcaiche - non dirò feudali, perché non c'era feudalesimo, ma proprietà latifondistica - danno il suffragio universale, perché i contadini del latifondo votano per il padrone sistematicamente, regolarmente.

Quindi, il suffragio universale di Giolitti è un suffragio bivalente ed è lo strumento che gli permette di fare l'accordo con i clericali per sbarrare la strada alle forze anti-reazione. E, badate, quel patto Gentiloni ha avuto tutta una serie di conseguenze, di cui forse non sempre si valutano gli aspetti, perché dal patto Gentiloni viene il distacco di Vittorio Emanuele III e dei radicali e la maggioranza di Giolitti, i quali rifiutano di far parte di un governo che ha stretto questo patto. Derivano le dimissioni di Giolitti in conseguenza dell'abbandono da parte dei radicali, deriva la formazione del governo Salandra, deriva quindi tutta l'azione per obbligare il popolo, l'Italia, a entrare in guerra nonostante che fosse chiara la volontà del popolo italiano contro la guerra, contro l'intervento in guerra, perché vi erano le masse operaie e socialiste, vi erano le masse cattoliche, cioè l'immensa maggioranza degli italiani era contro la guerra, lo erano i liberali di Giolitti, fu imposta appunto attraverso questa successione di una reazione. Avemmo il famoso maggio 1915, che si chiama «radioso» ma che è radioso soltanto nella storia della reazione italiana e abbiamo avuto questa nuova formazione reazionaria che è stata la decisione di Vittorio Emanuele III e di Salandra di portare l'Italia in guerra contro la sua volontà, contro la volontà del parlamento.

Arriviamo al 1919. E da qui cominciano anche i miei ricordi personali, perchè, vi ho detto, sono diventato socialista allora. L'impressione di quello che è stato il 1919. Anche qui mi rivolgo agli storici di professione, perché anche se non ho letto tutte le storie però ne ho lette abbastanza, per dire che non ho mai colto in nessuna storia di quel periodo quello che per me rappresenta di più importante il 1919: ci sono gli errori del massimalismo, ci sono gli errori del riformismo, si è scritto di tutto sul 1919, però, a mio parere, nessun autore ha messo in rilievo che il 1919 è stato - credo, almeno a mio giudizio - nella storia d'Italia il momento più alto dello sviluppo democratico, più della resistenza. Cioè il 1919 è stato una presa di coscienza, che era maturata nelle trincee, anni di vita in trincea con quei comandi militari di allora - Bedeschi accennava a un film che ci ha dato una visione - sarà forse una visione non assolutamente storica, però, certo, la mentalità era quella, il contadino che era nelle trincee era carne da cannone, si poteva far massacrare liberamente. Cioè l'esperienza delle trincee, la chiarezza che a poco a poco era venuta nel contadino e nell'operaio, perchè c'erano state voci autorevolissime, a partire da quella del papa Benedetto XV, che aveva parlato di inutile strage; quella frase di un papa che chiamava la guerra inutile strage distruggeva dall'alto della sua cattedra tutta la retorica patriottarda, aveva avuto una grossa efficacia sulle masse contadine cattoliche. C'era stato il famoso discorso di Carlo Treves alla Camera «non più un inverno in trincea», c'era stata una presa di coscienza che le masse italiane erano state adoperate come oggetto, come carne da cannone, come strumento per degli scopi che non erano loro. Si era poi corsi ai ripari, la classe dirigente era corsa ai ripari, uomini di destra come Vittorio Emanuele Orlando e altri, del resto i Lloyd d'Inghilterra, avevano promesso la rivoluzione, avevano promesso la terra ai contadini, la fabbrica agli operai.

Se andassimo a rileggere i discorsi di allora degli uomini di stato troviamo che avevano promesso l'ira di Dio, però non mantenevano niente, non avevano nessuna intenzione di mantenere niente.

Ecco, nel 1919, certo ci furono poi le violenze deplorevoli contro gli ufficiali, ci furono delle manifestazioni, ma erano una manifestazione, direi, inevitabile di una presa di coscienza che scaturiva violenta dal profondo dell'anima; erano classi oppresse da secoli, tenute da secoli ai margini della vita civile, della vita sociale, mantenuta deliberatamente nella ignoranza. Non ho bisogno di ricordare qui che quando nel 1893-94 erano cominciati i primi moti in Sicilia che vanno sotto il nome di fasci siciliani, la prima richiesta dei proprietari terrieri, riuniti a Palermo in assemblea per far fronte a questa situazione, la prima richiesta dei proprietari terrieri riuniti a Palermo fatta al governo era «sopprimete le scuole, perché le scuole insegnano agli operai e ai contadini a leggere e se cominciano a leggere leggono la stampa sovversiva». Ecco, questa era la mentalità con cui in Italia si erano sempre tenuti i contadini, si era cercato di tenere gli operai, strumenti, oggetti di volontà altrui, divisi anche nell'abbigliamento esteriore, come vestito si distingueva per la strada. Oggi non li distinguiamo più. Ma allora sì. Mi ricordo che l'operaio non poteva portare un cappello in testa, doveva portare il berretto, il basco. Oggi le signore non portano più nessuna il cappello in testa, ma in quell'epoca non c'era una signora, non c'era un'impiegata che uscisse di casa senza cappello. Ma guai se un'operaia si fosse permessa di uscire col cappello in testa! Era uno scandalo per tutta l'Italia se le sartine di Torino si permettevano di portare il cappello. Era una cosa che in tutti i buoni salotti della società borghese, provengo da una famiglia borghese come ho detto prima, era un motivo di scandalo incredibile, sembrava una cosa veramente inammissibile. Come, una sartina a Torino può uscire col cappello in testa?! Le calze di seta! ! Ma voi non sapete che ruolo storico han giocato le calze di seta! Le signore potevano portare le calze di seta, le operaie no! E, quando si diffuse in quel periodo la famosa seta artificiale che costava poco e le operaie cominciarono a mettere calze di seta artificiale, fu uno scandalo. E io sono certo di quello che vi dico. Nella maturazione fascista della piccola borghesia milanese questi fatti psicologici hanno avuto un ruolo enorme perchè si distruggeva la società piramidale, gerarchica con le classi marchiate, segnate; ognuno doveva avere il suo ruolo e non si poteva muovere da quel ruolo; l'operaio doveva rimanere operaio, il contadino contadino, la donna di servizio donna di servizio. Era l'epoca in cui c'erano le tessere per andare a comprare da mangiare, ce n'era poco, si doveva fare le code, ma la signora che arrivava non faceva coda, pretendeva di passare davanti, perchè era una signora, aveva il cappello. E quando cominciarono le domestiche che erano lì, le donne del popolo a pretendere che anche la signora facesse la coda, era uno scandalo enorme. Una signora che diceva: ma come non mi hanno lasciato passare, mi hanno obbligato a fare la coda!!

Ecco, bisogna aver vissuto in quel periodo, aver sentito che cos'era allora la stratificazione di classe in questa società ancora medioevale, come era l'Italia, dove l'operaio e il contadino erano veramente oggetti. Bisogna aver sentito questo per capire che cosa è stato il 1919 la rivolta di una coscienza umana che era maturata negli strati più sfruttati della società contadina e operaia, che veramente avevano una grande rivendicazione democratica nel senso più alto e vorrei dire, mi diceva ieri il mio amico Francovich «cadi un po' nel populismo». Dico di no! Questa credo che sia la autentica espressione di marxismo, perchè se c'è una cosa che il marxismo ci ha insegnato è che la vera oppressione di classe non è il salario basso o alto, è questa condizione di soggezione di una classe ridotta a oggetto della volontà altrui. La vera ribellione non è la ribellione sulle condizioni di vita, oggi le società capitalistiche avanzate possono anche essere larghe nei salari con gli operai, ma non tolgono quella che Marx chiamava l'alienazione, questo essere ridotto a strumento, a oggetto di una volontà che ci trascende. Ed è contro questo che si ribellavano, rivendicavano il diritto di essere uomini come gli altri, donne come le altre, di non avere scritto in fronte il marchio dell'inferiorità, di partecipare in pienezza di diritti e di uguaglianza alla vita comune. Questo è stato veramente il grande slancio democratico dell'Italia '19, che, a mio giudizio, non si è più ripetuto in nessun momento della storia d'Italia: questa presa di coscienza di milioni e milioni di uomini che affermavano il diritto di essere uomini.

Ebbene, purtroppo, i partiti allora, soprattutto il partito socialista che allora era il grande partito della classe operaia, il partito comunista era nel '21 ancora un piccolo partito, non seppero dare a questa forza, a questa spinta che veniva su dal basso una soluzione che raccogliesse tutto quello che si poteva raccogliere. E, badate, io non credo, sono sempre molto restio nel dare dei giudizi sulle possibilità, sui 'se' della storia, se si fosse fatta la rivoluzione socialista. Io, tutto sommato, se penso, con quello sforzo che posso fare di mettermi anch'io - chiedo scusa agli storici, chiedo scusa se tento anch'io di fare lo storico - direi che non c'era possibilità allora di fare nella Italia una rivoluzione socialista, perché mancavano le condizioni, mancava il contesto internazionale anche allora, ci furono tentativi in Ungheria ed in alcuni paesi della Germania, ma furono soffocati. La rivoluzione socialista in Italia avrebbe potuto scoppiare se avesse vinto in Germania. In quel periodo era la Germania il paese chiave d'Europa. Se in Germania i tentativi, prima con il movimento spartachista, che fu una follia di alcuni estremisti, e poi le successive rivolte che ci furono in diversi paesi avessero avuto successo, l'Italia avrebbe potuto fare la sua rivoluzione. Ma, allora non la poteva fare, io credo che, a differenza della maggioranza degli storici che collocano l'acme dello sviluppo rivoluzionario nell'estate '20 - occupazione delle fabbriche - io sono del parere che l'acme è stato toccato nel luglio 1919 all'epoca dei moti contro il caro vita. Ci fu il movimento più alto della possibilità rivoluzionaria. In quel momento nessun partito era pronto a dare una nuova direzione politica sufficiente, cioè, la spontaneità delle masse non trovò una forza organizzativa, una direzione politica e il moto a poco a poco andò spegnendosi. E' bastato questo, per suscitare la volontà reazionaria delle classi dirigenti, la grande paura, insomma, la paura di perdere i privilegi. Il fascismo nasce, sarebbe troppo lungo oggi mettersi a fare una descrizione, ma nasce da una serie di circostanze, io direi soprattutto che sono tre gli elementi che confluiscono per fare il fascismo: la piccola borghesia urbana, gli agrari della valle padana soprattutto, e, ad un certo momento, ultimi arrivati, la confindustria che arriva soprattutto dopo la crisi economica del '21, quando il governo Giolitti non salva l'ILVA, non salva l'Ansaldo, non salva la banca di sconto, le lascia fallire, le lascia crollare e allora il padronato dice: no, questo governo liberale non mi serve più a niente, non salva le industrie, non salva le banche, non dà i quattrini, ci vuole un altro governo, quindi, bisogna che ci impadroniamo del potere ed ecco allora, la confindustria appoggia il fascismo, già forte nelle campagne, forte nella piccola borghesia urbana e si ha la presa del potere, si ha, appunto questo ritorno reazionario in forme nuove, diverse dalla reazione crispina e umbertina della fine del secolo scorso, diversa dagli accordi Giolitti - Giolitti è un uomo civile, la reazione la faceva con degli accordi politici con i clericali - era una forma nuova alla quale non credette nessuno. Io ricordo, allora, frequentavo da ragazzino, cominciavo a collaborare alla Critica sociale nel '23, ma già prima frequentavo casa Turati, ecco, ricordo la sorpresa, l'incredulità dei dirigenti, devo dire fu una delle mie impressioni più negative, vedere come questi uomini che avevano avuto grandissimi meriti nel passato, non capissero più nulla del presente, non si rendessero conto di quello che stava succedendo e avessero delle reazioni completamente sbagliate, cioè pensavano che tutte queste erano cose che passavano subito, cose di nessuna importanza, poi tutto riprende, avevano questa concezione un po' evoluzionista della storia che va di tappa in tappa, come una ferrovia, come un treno che arriva a Fano, poi arriva a Pesaro e poi arriva a Rimini e così via. Ecco, lì la storia arriva al liberalismo, poi alla democrazia, poi al socialismo, è tutto un tracciato .... Questo tipo di mentalità, che poi viceversa diventa una mentalità di rassegnazione, di sconfitta, ha contribuito anche a questo scopo.



fonte: 


http://leliobasso.it/documento.aspx?id=b909e5a6782a1eba50bb7e27043d4cdf&pag=1&q=vilfredo%2bpareto



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